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Raphael

19 aprile 1933 

Mi piace guardare mamma quando prepara i mazzi di fiori da vendere in negozio, papà dice che però è lei il fiore più bello. Ogni mattina passa a salutare me e mamma in fioreria prima di andare a insegnare nella scuola. Quanto mi piacerebbe andare con lui, ma papà mi dice sempre “è meglio di no Raphael” e quando gli prometto che farò il bravo, mi dice “no, devi aiutare mamma”. 

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23 ottobre 1933 

Oggi nel negozio di mamma è successa una cosa strana. Una signora, mentre mamma confezionava i fiori, mi ha detto che ero un bravo bimbo ad aiutarla. Non mi piace che mi si dia del bimbo, ho già sette anni ormai. 

Quando la signora è uscita dal negozio, ridandomi puntualmente del piccolino, dei signori in divisa sono stati scortesi con lei. 

Papà mi aveva parlato di loro, erano guardie. Diceva che dovevamo sempre stare lontani da loro. Io non le avevo mai viste così da vicino. 

Una delle guardie ha urtato la signora e ha fatto cadere i fiori. Nessuno l’ha aiutata a raccoglierli, ma l’hanno guardata con una strana espressione. Voglio uscire in strada ad aiutare la signora, ma mamma mi blocca e scuote la testa. 

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15 dicembre 1934 

Oggi il negozio è rimasto chiuso. Io, mamma e papà siamo seduti al tavolino su cui mangiamo, in casa. Papà tiene una lettera tra le mani, dice che non può più insegnare nella scuola. Rassicura me e mamma che andrà tutto bene, che troverà una soluzione, che ha pensato di tenere delle lezioni per i ragazzi del quartiere. 

Chiedo a papà se posso partecipare anche io, ma dice “mamma ha bisogno di te in negozio”. 

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9 novembre 1938 

Sento un rumore di vetri rotti e di voci. No voci, urla. Esco dalla camera e papà è sveglio e sembra preoccupato. Mi dice “Raphael chiuditi in camera e non uscire”. Anche mamma era nella sua camera, la sentivo piangere. Piangeva perché aveva capito cosa stava succedendo, anche io capivo. Erano nella fioreria. I nazisti stavano rompendo le vetrine e spaccando i vasi. 

Avevo tante volte lasciato scivolare maldestramente quei vasi, che mi era impossibile non distinguere i rumori dei cocci che andavano in frantumi. 

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7 ottobre 1941 

Questa mattina la colazione è sostanziosa: una fetta di pane e un poco di burro. Mamma è triste; papà, quando ero più piccolo, diceva sempre che sembrava il fiore più bello della fioreria. Ora quel fiore è appassito. 

Il negozio è stato distrutto, papà ha perso il lavoro da insegnante, abbiamo perduto la nostra casa. Ora viviamo in una piccola città. Forse non città, ma un borgo isolato, assieme a moltissime famiglie ebree. 

Ora la luce della libertà è coperta dal buio dell’odio dei nazisti.

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19 aprile 1943 

Non penso di sopravvivere. Non so come sono riuscito a sopravvivere fino ad ora. Ho perso mia madre sette mesi fa. Papà era con me fino a un mese fa, ma un giorno non l’ho più rivisto. Da allora ho sperato di diventare cieco. Avevo visto troppo. Avevo visto cadaveri, torture, sfruttamento, morte. 

Ho visto troppo per continuare a lottare. Ho visto troppo per ribellarmi alle guardie che mi hanno condotto dove sono ora, ora posso dimenticare. 

Ora posso finalmente chiudere gli occhi e dimenticare.

A Jewish Photographer Buried These Photo
#hemeroteca #memoria | 80 años después d
Anti-Jewish sign displayed on a restaura
The Holocaust’s Paradox of Good and Evil

Laura I.

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